Il 24 settembre è scomparso tragicamente Luca Iani, professore associato di Psicologia Clinica all’Università Europea di Roma. Egli aveva dedicato tutta la sua carriera di studioso a costruire e realizzare con entusiasmo, originalità e rigore diverse linee di ricerca basate sulla psicologia della salute e sulla psicologia clinica positiva per raffinare i trattamenti dei disturbi psicosomatici e gli interventi sulla sofferenza psicologica nei pazienti con malattie croniche e terminali. Come ci ricordano i suoi allievi e collaboratori più stretti, egli si poneva costantemente la domanda: cosa può aiutare chi soffre a superare, gestire, o accettare la malattia? Ha cercato di rispondere a questa domanda dando fondamentale importanza alle risorse individuali che la persona può adottare per affrontare la sofferenza e trarne, quando era possibile, un insegnamento. Luca Iani cercava, dunque, di attuare una psicologia clinica dove l’esperienza di sofferenza potesse essere un’occasione di crescita personale, una psicologia dell’individuo e non della malattia.
Luca era una persona genuina e riservata, fondamentalmente pacata, con uno sguardo sugli altri che cercava di andare oltre le apparenze. Nei discorsi tra noi, suoi colleghi e amici, in questi primi tristi e disorientanti giorni, non ci sorprende scoprire che le nostre opinioni su di lui coincidano sul suo garbo, la sua onestà intellettuale e sul rispetto degli altri.
Il suo misurato rigore, l’apparente pacatezza e la riservatezza nascondevano un uomo passionale. Lo sanno bene i suoi colleghi e collaboratori con i quali condivideva l’entusiasmo per i suoi studi, lo sanno bene coloro che hanno condiviso con lui gli affetti e gli interessi come quello per la montagna. Alessia, sua compagna di vita, al termine delle esequie ha affermato: “se avesse potuto scegliere, Luca avrebbe scelto di andarsene così, tra le sue montagne”.
Ciao, Benni
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