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Si è svolto a Cagliari, dal 13 al 15 giugno, il Sesto Convegno Nazionale di Psicologia Giuridica, con un programma molto ampio e articolato in cui hanno trovato spazio numerosi simposi, presentazioni e tavole rotonde con importanti momenti di riflessione e di discussione sul presente e sul futuro della psicologia giuridica e forense del nostro Paese. Ad organizzarlo, colleghe e colleghi del Dipartimento di Pedagogia, Psicologia, Filosofia e della Facoltà di Studi Umanistici dell’Ateneo cagliaritano, insieme ad un Comitato Scientifico che ha generato un programma davvero ricco e interessante.
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Il Presidente dell’AIP Sergio Salvatore, che su invito degli organizzatori ha partecipato in qualità di ospite per tutta la durata del convegno, ha così commentato: “Si è trattato di un convegno ricchissimo di contributi, molti presentati da ospiti internazionali e con un forte taglio interdisciplinare, fattori che testimoniano come il campo giuridico sia un ambito di intervento della psicologia con grandi prospettive di sviluppo”. Questa opportunità, nelle parole del Presidente, si può ricondurre a tre punti di forza: “In primis, in tale campo esiste una committenza istituzionale forte e con le idee chiare, che ha imparato a riconoscere quale sia l’utilità della psicologia, la sua capacità di generare valore. In secondo luogo, la psicologia giuridica è una realtà scientifica e professionale trasversale, cui contribuiscono tutti i settori scientifici della nostra disciplina, con tratti di forte coesione e cooperazione interna. Il fatto stesso che, pur in assenza di una società scientifica ‘dedicata’, si sia instaurata una tradizione di convegni (l’evento cagliaritano è il sesto di tale tradizione) è la prova concreta della capacità progettuale e di iniziativa della rete di colleghe e colleghi che animano il campo della psicologia giuridica italiana. In terzo luogo, come la ricchezza del programma evidenzia, in questi anni la psicologia giuridica ha sviluppato ed affinato un notevole patrimonio di conoscenze e di know-how che permettono di operare in modo efficace ed appropriato nei diversi contesti giuridici e forensi”. Il Presidente ha inoltre sottolineato: “Questa vitalità del settore si è potuta generare anche grazie all’esistenza del Gruppo tematico dell’AIP dedicato proprio alla Psicologia giuridica, la cui composizione si sovrappone largamente al Comitato scientifico e organizzativo responsabili dell’organizzazione del convegno di Cagliari, e che a partire dalla sua nascita è stato un incubatore di idee e di discussione, manifestando un profilo sempre più marcato da un punto di vista organizzativo e progettuale”.
Sulla scia di questo riscontro molto positivo del Presidente, abbiamo contattato due componenti del Comitato organizzativo e di quello scientifico del convegno, Cristina Cabras, Professoressa associata di Psicologia Sociale dell’Università di Cagliari, e Giuliana Mazzoni, Professoressa ordinaria di Psicologia Generale della Sapienza-Università di Roma nonché componente del Comitato Esecutivo della Sezione Sperimentale dell’AIP, chiedendo loro un bilancio sia sull’evento in sé, sia sullo stato di salute della psicologia giuridica e forense in Italia. Ecco la loro testimonianza:
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Luca Tommasi: “Si è appena concluso il sesto Convegno Nazionale di Psicologia Giuridica: tre giorni ricchi di simposi, comunicazioni e tavole rotonde. Quali sono state le premesse ed il leitmotiv di questa edizione cagliaritana?”
Cristina Cabras: “Abbiamo voluto dare testimonianza della ricchezza della Psicologia Giuridica e dei numerosi ambiti di studio e ricerca, aprendo una riflessione sulla definizione stessa dell’area disciplinare stante la presenza, a livello nazionale, di Lauree Magistrali e curricula interamente dedicati alla formazione di una professionalità specifica, dai contorni ben definiti nell’area della professione psicologica. Il leitmotiv è stato senza dubbio il confronto internazionale sulla ricerca, sulla formazione, sui contesti forensi. Infatti, grazie al contributo di tutto il Comitato scientifico abbiamo ospitato ben 6 keynote speakers di università europee, del Nord America e del Canada che hanno proposto approfondimenti di grande rilievo per l’area disciplinare.”
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LT: “Nel tuo doppio ruolo di componente del Comitato organizzativo e di quello scientifico del convegno, che bilancio ti senti di fare in termini di partecipazione e di riscontro?”
CC: “Sono molto soddisfatta del risultato, a conferma del grande impegno di molte università italiane nella ricerca e nella didattica di questi ultimi anni. A Cagliari erano presenti circa 200 partecipanti, tutte e tutti i colleghi e colleghe nazionali e diversi gruppi di dottorandi/e che hanno contribuito al buon esito del Congresso. Ottimo riscontro da parte dell’AIP, dell’Ordine delle Psicologhe e degli Psicologi, dell’Ordine delle Avvocate e Avvocati, nonché delle e dei Presidenti di Tribunali.”
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LT: “Il calendario dei tre giorni di convegno è stato molto ricco e particolarmente attuale, sia rispetto a temi e fattispecie (ad esempio violenza sulle donne, reati ambientali, hate speech), sia rispetto ai livelli del discorso che riguardano lo status della psicologia giuridica (ad esempio interazione con altre discipline, strumenti peritali, formazione dello psicologo). Tutto ciò sembra testimoniare un momento molto vivace per la scienza e la professione della psicologia giuridica: quale è la tua impressione a questo riguardo?”
CC: “L’impressione, non solo mia, è che questo momento rappresenta un punto importante, di grande maturità e quindi di svolta nell’area scientifico-disciplinare e professionale. La Psicologia Giuridica, con strumenti e procedure proprie, si conferma quale ambito disciplinare specialistico. Ciò, non a caso, coincide con l’introduzione a livello nazionale degli ordinamenti delle lauree abilitanti in psicologia, di nuova istituzione e con la conseguente formazione di professionalità, ben distinte dalle altre, nell’area psicologica.”
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LT: “Il convegno ha avuto diversi momenti di discussione in cui i riflettori sono stati puntati sul futuro della psicologia giuridica e forense. Quali elementi di innovazione disciplinare ti sembra che stiano spingendo in questa direzione?”
Giuliana Mazzoni: “Dal punto di vista della ricerca, la psicologia giuridica e forense è ormai una disciplina che all’estero ha una sua chiarissima identità trasversale tra varie subdiscipline psicologiche, caratterizzata da ottima ricerca applicata sia da parte della psicologia sperimentale e cognitiva che sociale. I temi prevalenti di ricerca, per i quali esistono anche riviste scientifiche specializzate come Legal and Criminological Psychology, Law and Human Behavior, oltre ad altri quali Psychology, Public Policy and Law, Behavioral Sciences and the Law, e varie altre, riguardano la relazione tra la legge, intesa come norme, il sistema legale e i procedimenti legali in ambito civile e penale, da un lato, e il comportamento umano dall’altro. Come dicevo, in questi Paesi da molti anni questa disciplina presenta in molti casi un livello di ricerca empirica molto rigoroso dal punto di vista metodologico, con risultati che poi hanno importanti ripercussioni sia sul sistema legale, sia sulla società più ampia. Vi sono associazioni accademiche e non solo professionali che raccolgono ricercatori che svolgono prevalentemente ricerca applicata in questo settore. In Italia vi è da tempo una diffusa e ampia attività di tipo pratico da parte di professionisti con preparazioni assai diverse tra loro, che si esprimono in associazioni professionali diverse tra di loro e indipendenti. La psicologia accademica ha stentato a sviluppare questo settore. Ma fortunatamente in tempi recenti il livello della ricerca in varie realtà accademiche è decisamente cresciuto, e vi sono oggi un certo numero di realtà accademiche dove la ricerca è di ottimo livello. Sono questi elementi relativi al crescente valore della ricerca in questo settore che permettono di dire che la psicologia giuridica e forense di natura accademica è oggi pronta per fare un salto di qualità tramite la creazione di un gruppo interattivo che abbia come riferimento nazionale l’Associazione Italiana di Psicologia, associazione di accademici, per l’appunto, e che sia finalizzato al confronto sui temi di ricerca esistenti, per raggiungere un livello metodologico sempre maggiore, e per poter far conoscere anche all’estero il valore della ricerca italiana in questo settore.”
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LT: “Si può dire altrettanto circa la natura e la qualità dei percorsi formativi italiani?”
GM: “Sotto il profilo didattico e di sbocco professionale, esiste oggi una profonda discrasia tra l’elevata disponibilità di sbocchi professionali in questo settore e la scarsa offerta formativa. Se si pensa che pochissimi sono i corsi di laurea attivati sulla materia, pochissimi i master universitari, mentre la possibilità di operare in questo settore è molto ampia, diventa necessario attivare un maggior numero di percorsi formativi ad hoc, e un maggior numero di insegnamenti anche nei corsi triennali, che forniscano almeno una conoscenza di base sulla buona prassi in questo campo, e sulla pericolosità di un intervento che non si basi su queste buone prassi. Questo passo è diventato particolarmente urgente oggi in seguito all’attivazione delle lauree professionalizzanti. I nostri laureati andranno a svolgere ad esempio perizie di parte senza assolutamente conoscere le modalità di intervento in questo settore, e senza aver mai sentito parlare di psicologia giuridica e forense. I danni potenziali e le conseguenze penali potenziali sono davvero incalcolabili. Tutto questo rende necessario che l’AIP si attivi per riconoscere a questa disciplina il ruolo che la società già le attribuisce, e che l’accademia inizi a preparare gli studenti in modo adeguato e possibilmente completo, facendo riferimento in corsi specifici alla vasta ricerca che da anni esiste in questo settore, e non solo al sentito dire, o ad approcci che non garantiscono una seria formazione che segua i crismi sanciti dalla comunità scientifica internazionale di riferimento.”
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LT: “Il convegno è stato contraddistinto da un’ampia presenza di oratori e discussant stranieri. Che dialogo internazionale caratterizza la psicologia giuridica contemporanea, nonostante le inevitabili differenze nei sistemi normativi e giudiziari presenti nei diversi Paesi?”
GM: “Per questo congresso il Comitato scientifico ha fortemente voluto, per la prima volta, una forte internazionalizzazione, perseguendo in tal modo due scopi principali. Il primo era di far conoscere all’estero il livello della ricerca e della riflessione propria della psicologia giuridica e forense italiana; il secondo era di diffondere una iniziale conoscenza, per gli studiosi e operatori presenti, relativa alla ricerca e riflessione che si svolge in questo ambito all’estero. Un ulteriore scopo è far sì che anche in questo ambito i ricercatori italiani entrino il prima possibile a fare parte di una o più società internazionali in questa disciplina.”
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LT: “Anche l’interazione tra ambiti solitamente abbastanza distanti della scienza psicologica sembra essere molto vitale nel territorio giuridico e forense, a giudicare dalla grande eterogeneità e importanza dei contenuti del convegno. Si ha l’impressione di essere di fronte ad un progressivo superamento delle barriere disciplinari: è davvero così?”
GM: “La divisione in settori scientifico-disciplinari è per certi versi naturale, e ha certamente una sua chiara logica anche di politica accademica. Questo però non toglie che alcune discipline necessitino più di altre di un livello di interazione superiore, per poter comprendere e studiare in modo più completo fenomeni complessi. In quanto disciplina molto complessa, la psicologia giuridica e forense è luogo naturale di interazione tra psicologia cognitiva, ad esempio per la testimonianza (visione, attenzione, percezione, memoria) e per i processi di valutazione e decisione (ragionamento, ecc.), sociale (influenzamento sociale, fenomeni sociali di gruppo, percezione dell’altro, stereotipi e pregiudizi, gestione dei gruppi, ecc.), clinica (diagnosi psicopatologiche, diagnosi di trauma, di abuso, imputabilità, ecc.), delle differenze individuali (intelligenza, personalità, ecc.), metodologica (sia per l’elevato livello di sofisticatezza di alcune procedure, sia per la parte psicometrica), e dell’età evolutiva (abuso infantile, benessere del minore, valutazione cognitiva del minore, ecc.).
Ogni costrutto studiato, che sia la testimonianza, che sia la decisione degli organi inquirenti o del giudice, che sia l’affidamento genitoriale, che sia la valutazione di imputabilità, che sia la valutazione del danno e tanti altri aspetti, non possono fare solo riferimento ad un singolo ambito scientifico-disciplinare ma a tutti gli ambiti o quasi. Per questa sua natura in essa si DEVE concepire e attuare una collaborazione stretta tra i vari ambiti disciplinari. Ciò non significa eliminare tout court i settori scientifico-disciplinari, ma certamente significa abbassare molto le barriere identitarie eccessive che ostacolano la collaborazione e che creano campi contrapposti con danno di tutti. Quindi forse non un superamento vero e proprio, ma un ridimensionamento dell’identità, e un aumento della collaborazione. In generale, vedo veramente importante che noi psicologi accademici e ricercatori collaboriamo in modo attivo e fattivo, in modo da far conoscere alla società che la psicologia è una disciplina scientifica seria, e non una serie di opinioni sia pur meravigliosamente espresse, che ha dalla sua una metodologia scientifica molto rigorosa con conseguenti risultati replicabili e solidi.”
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