Materiali
Per questa ragione il primo fondamentale obiettivo del gruppo tematico è consistito in una richiesta specifica alle varie sezioni relativamente a che cosa per loro rappresenti l’assessment e quali siano le loro specifiche esigenze in merito, come base per quella conoscenza reciproca e di condivisione di idee indispensabile per poter dare avvio ad un rapporto di collaborazione costruttivo. Esse vengono nel seguito riportate nel dettaglio. La lettura di questi scambi iniziali già fornisce una idea di tematiche comuni trasversali alle varie sezioni, ma anche della specificità di altre tematiche. A partire da queste iniziali proposte il gruppo inizierà il suo lavoro sperando nella collaborazione anche di altri colleghi sia tramite email e skype ma anche con incontri comuni programmati.
A partire da queste conoscenze ed esigenze si potrà poi procedere a (1) favorire una formazione adeguata nella ricerca anche in ambito di best practices nell’assessment; (2) diffondere delle linee guida attraverso gli ordini professionali in modo da estendere queste best practices agli psicologi che operano sul campo.
Proposte iniziali dalle sezioni:
Guido Alessandri Psicologia Per Le Organizzazioni (I/O) :
Da anni, nella letteratura I/O si discute sulla necessità di diffondere una cultura “dinamica” nelle procedure di valutazione quotidianamente utilizzate nel mondo organizzativo. Questa attenzione deriva dal progressivo riconoscimento che i processi maturativi sono all’opera, seppure con ritmi diversi, per tutta la carriera lavorativa degli individui (es. studi sull’invecchiamento dei lavoratori, o sull’apprendimento di nuove competenze nei lavoratori anziani). Ciò sta lentamente portando ad una revisione di alcuni concetti chiave nelle pratiche organizzative, come ad esempio quelle relative alla validità delle procedure di selezione in ingresso (soprattutto per quanto riguarda quei lavoratori che poi, a seguito delle stesse procedure, entreranno in pianta stabile nell’organico organizzativo), ed in particolare di quelle in itinere. Rispetto a quest’ultimo i punti alcune considerazioni specifiche relative al mondo I/O.
1) Validità degli strumenti per cogliere fenomeni dinamici. In tutte le fasi di intervento (per esempio: selezione in ingresso, pianificazione dei percorsi di carriera, valutazione delle risorse, valutazione del rischio stress-lavoro correlato, etc.), la disponibilità di strumenti validi è cruciale. Nell’ambito della psicologia del lavoro, quello della validità è più che mai da intendersi quale costrutto multi-sfaccettato, che comprende la precisione dello strumento (in termini sia di affidabilità, che di discriminatività – ciascuna rilevante a vario titolo), sia la sua stabilità temporale (che meriterebbe una considerazione a parte). Come accennavo sopra, i problemi notati in precedenza, relativi alla necessità che gli strumenti siano capaci di cogliere la dinamicità dei fenomeni e/o i cambiamenti dei ss psicologici, sono di stretta attualità anche nel settore I/O, e si allargano, ad esempio, al problema del degradarsi nel tempo della validità (potere predittivo) delle misure di caratteristiche psicologiche di interesse (es. tratti di personalità etc.) ottenute nel momento della selezione iniziale, rispetto a criteri di rilevanza organizzativa. In realtà, questo problema è più esteso, ed in generale riguarda la perdita (o riduzione) di validità dei rettivi psicologici rispetto a criteri di rilevanza organizzativa (es. job performance), all’aumentare dell’intervallo di tempo che li separa .
2) Importanza degli approcci multi-metodo. Questa istanza è accolta integralmente nel settore I/O, nell’ottica, ad esempio, della riduzione del bias nelle misurazioni, ma anche dell’equità delle procedure di selezione e, più in generale, di valutazione comparativa tra lavoratori.
3) Nel mondo I/O, altri due temi appaiono cruciali rispetto alla validità delle procedure di assessment. Il primo è legato all’equità della procedure. Qualunque sia la tecnica utilizzata (test, questionario, osservazione, assessment center, etc.), tutti i partecipanti devono avere la stessa probabilità di successo, al netto delle condizioni in cui viene svolta la prova. Sebbene questo assunto sia condiviso da tutte le procedure di testing, nel mondo I/O si traduce praticamente nella necessità che le procedure di scoring siano tarate sulla natura del compito (es. prova in selezione vs prova di valutazione in itinere), o comunque nella necessità di valutare la stabilità dei punteggi offerti dalla procedura attraverso “compiti” o “situazioni diversi”. Il secondo è il tema dell’imparzialità. La procedura di valutazione deve dimostrarsi “unbiased”, o, più in generale, non dovrebbe essere usata per confrontare tra loro gruppi di individui (es. lavoratori giovani o anziani,
uomini e donne, lavoratori appartenenti a gruppi etnici o minoranze) qualora non vi siano prove della stabilità delle sue proprietà psicometriche e dunque della sua stabilità (si veda il riferimento di
Elisabetta al tema della Measurement invariance). Ad esempio, è oramai noto che la validità di facciata di un test è spesso molto variabile attraverso gruppi di lavoratori di età diverse (accenno solo al tema dell’invecchiamento del test: alcuni item possono essere del tutto chiari per i lavoratori anziani, ma risultare poco comprensibili per i lavoratori più giovani), compromettendo la comparabilità degli stimoli (items) utilizzati.
Elisabetta Crocetti Psicologia Sociale
In linea con le necessità riscontrate in altri ambiti della Psicologia, anche in psicologia sociale l’assessment pone delle importanti sfide.
1) Necessità di avere degli strumenti validi che possano essere applicati in gruppi diversi. Questa esigenza si rende evidente nella nostra società multiculturale (per analizzare e studiare diversi gruppi etnici che coesistono nella stessa società) e negli studi cross-culturali, che coinvolgono più gruppi nazionali/culturali. Inoltre, è sempre più forte l’esigenza di effettuare confronti attendibili tra gruppi (es. differenze di genere, confronti fra diversi contesti, ecc.) escludendo possibili problemi metodologici legati alla diversa interpretazione degli strumenti (il tema della measurement invariance).
2) Necessità di avere degli strumenti validi che permettano di cogliere le differenze inter-individuali e di individuare dei profili specifici Es. Necessità di strumenti che, con l’applicazione delle adeguate tecniche statistiche (cluster analysis, latent class analysis, ecc), permettano l’individuzione di profili di personalità, identitari, psico-sociali, ecc.
3) Necessità di avere degli strumenti validi che permettano di studiare in maniera attendibile il cambiamento. In vari ambiti della psicologia sociale si diffonde l’uso di metodi longitudinali per studiare l’evoluzione di fenomeni psico-sociali e i meccanisimi che li sottendono (per esempio nella ricerca sul pregiudizio e in quella sulla trasmissione intergenerazionale di atteggiamenti, valori, e
caratteristiche di personalità). Si rende pertanto necessario disporre di strumenti validi per misurare il cambiamento e di avere informazioni circa la “longitudinal measurement invariance” delle misure.
4) Necessità di usare approcci multi-metodo, in un’ottica di triangolazione metodologica e ricerca della replicabilità Per esempio, valutare le percezioni delle relazioni interpersonali usando più informatori (valutazioni riportati dai diversi attori) e più metodi (esempio integrare le misure self-report con misure osservazionali)
Roberta Daini Psicologia Sperimentale
Le linee guida e le best practices in ambito neuropsicologico, in Italia, sono state recentemente oggetto di un gruppo di lavoro della Società Italiana di Neuropsicologia (SINP). Nonostante questo, la pratica clinica è tutt’altro che rigorosa sul territorio italiano. I punti rilevanti dal mio punto di vista sono i seguenti:
1) Chi si occupa dell’assessment neuropsicologico. Ad oggi, in gran parte dei reparti di neurologia e riabilitazione dove sono ricoverati i pazienti cerebrolesi, la valutazione neuropsicologica viene svolta da figure quali logopedisti, fisioterapisti, terapisti occupazionali che utilizzano test che non dovrebbero usare e poi fanno firmare la relazione al medico di reparto; inoltre, anche quando viene svolta da psicologi, neurologi e fisiatri, non sempre viene svolta sulla base di una formazione e di una competenza specifiche.
2) Variabilità individuale e riserva cognitiva. Il riferimento ad un punteggio ad un test nella norma si basa sull’idea che a) non si conosce il funzionamento dell’individuo prima del trauma cranico/ictus/declino cognitivo; b) il punteggio medio della popolazione costituisce l’ipotesi migliore di prestazione pre-morbosa. Recentemente si è molto discusso sull’effetto della riserva cerebrale e della riserva cognitiva e la sua importanza per valutare in modo più accurato i cut-off. Questa e altre variabili possono incidere molto sul punteggio ad un test e quindi sulla valutazione del livello di prestazione, patologica o meno.
3) Protocollo standard o flessibilità? Sebbene pazienti con lesione destra, pazienti con lesione sinistra, traumi cranici e sospetti di demenza presentino con una buona probabilità alcuni deficit piuttosto che altri, la pratica di un protocollo standard per ciascuna tipologia di paziente è considerata una buona pratica da alcuni neuropsicologi clinici ma non da altri.
Fiorenzo Laghi e Daniela Traficante Psicologia Dello Sviluppo E Psicologia Dell’Educazione
Per l’ambito evolutivo, ci sono alcune caratteristiche di base della nostra popolazione di riferimento, che pongono sfide rilevanti all’assessment:
1) il cambiamento nel tempo, per cui non è solo importante cogliere il livello di sviluppo di una competenza/caratteristica in un tempo T0, ma anche capire il ritmo evolutivo di quella competenza/caratteristica nel tempo, per cui è necessario avere strumenti che consentano misure ripetute in compiti omogenei, riferiti a campioni normativi. Questo problema è particolarmente
rilevante se si lavora sui prerequisiti per l’apprendimento oppure se si vuole discriminare tra difficoltà e disturbi, in particolare nell’ambito degli apprendimenti scolastici;
2) l’estrema variabilità di competenze per la stessa fascia d’età: proprio perché i ritmi di sviluppo possono essere diversi tra bambini ed entro ciascun bambino, nei diversi domini, è necessario
avere prove che coprano un ampio range di abilità, che consentano al clinico di cogliere asincronie di sviluppo e profili di funzionamento atipici (sia nella fascia alta che in quella bassa);
3) la sfida della multiculturalità: è sempre più frequente dover fare valutazioni di bambini che, pur nati in Italia, appartengono a famiglie straniere, in cui la cultura e la lingua dominante non è
l’Italiano e questo pone rilevanti problemi di attendibilità a strumenti di valutazione che abbiano come target e come campione di standardizzazione solo una specifica popolazione caratterizzata da
una lingua e da una cultura specifica.
4) Per quanto riguarda le “best practices” sarebbe importante abbracciare l’ottica del Boston Process Approach, in cui l’assessment non è tanto e solo basato sul computo delle risposte
esatte, ma soprattutto sull’osservazione e la rilevazione dei processi che portano alla risposta (errata o corretta, più o meno evoluta che sia). Questo significa pensare l’assessment come raccolta di dati e informazioni multimethod, in cui l’osservazione dei processi, ma anche della relazione tra esaminatore ed esaminato, diventano elementi essenziali per il clinico, per costruirsi una rappresentazione dell’esperienza che il bambino vive nel contesto della valutazione, ma anche nel contesto della vita scolastica e familiare, rispetto alle novità, alle sfide, alla richiesta di comunicare il proprio mondo rappresentazionale.
Laura Parolin Psicologia Clinica e Dinamica
1) identificare gli strumenti più comunemente usati dai clinici e favorire una conoscenza approfondita delle loro componenti nomotetiche e idiografiche nella valutazione dei pazienti. Particolare attenzione verrà posta ai processi formativi cercando di individuare e integrare buone pratiche e criticità;
2) specificare i molteplici ambiti di utilizzo dei test all’interno del contenitore clinico, ponendo particolare attenzione alle diverse competenze necessarie (ambito diagnostico in contesti pubblici e provati; ambito peritale);
3) incoraggiare e diffondere la pratica multimethod che invita a un uso congiunto di più test per favorire una comprensione multidimensionale dei funzionamenti psicologici;
4) promuovere l’utilizzo di strumenti standardizzati e validati sul territorio italiano in modo da incrementare delle best practice nell’ambito clinico;
5) sensibilizzare la comunità professionale sulla necessità di avvalersi di strumenti spendibili negli attuali scenari multiculturali: favorire la diffusione di test in grado di avvalersi di gruppi di riferimento differenziati per culture di provenienza/appartenenza.
Tavola rotonda Gruppo di lavoro sull’Assessement
L’incontro vede la partecipazione al tavolo del prof. Fulcheri, della prof.ssa Lis, della prof.ssa Parolin, del prof. Porcelli, della prof.ssa Tambelli e del prof. Zennaro. Erano anche presenti un rappresentante dell’Ordine degli Psicologi del Piemonte (OPP)- dott. Parpaglione e della Cassa degli Psicologi (ENPAP) dott. Zanon.
La decisione di organizzare l’incontro nasce dal desiderio di informare gli iscritti rispetto alle finalità generali del Gruppo di lavoro sull’Assessment- nato all’interno dell’Associazione Italiana di Psicologia- e di raccogliere il loro parere, per aumentare e potenziare la rappresentatività delle proposte della sezione clinico-dinamica.
La discussione si apre con la descrizione della composizione del gruppo, che vede un rappresentante per ogni sezione dell’Associazione Italiana di Psicologia, in modo da riunire le diverse competenze che articolano il complesso ambito dell’assessment. Successivamente si illustrano le finalità che vanno nella direzione di costruire linee guida per la definizione di strumenti utili all’assessment e di procedure ottimali per il lavoro in questo ambito. Il modello di riferimento è rappresentato dall’EFPA Test Review Model, una proposta operativa pubblicata nel 2013 dal Board of Assessment delll’European Federation of Psychologists’ Association – EFPA che si pone l’obiettivo di valutare i molti aspetti che definiscono le caratteristiche dei test psicologici (per es. il dominio di personalità osservato, la stesura delle relazioni) e per raccogliere le valutazioni dei clinici in merito agli strumenti. La sfida che il Gruppo di lavoro si propone è la possibilità di adattare il modello sopra citato al contesto nazionale per favorire l’introduzione di Best Practice, tanto auspicate sia nel contesto internazionale sia in quello internazionale.
Dalla discussione della Tavola rotonda sono emersi alcuni aspetti interessanti che vanno nella direzione di valutare la possibilità di definire standard minimi di qualità nella formazione, utili benchmark delle competenze cliniche di base necessarie in questo ambito.
In primis, si concorda sulla rilevanza di integrare e valorizzare le due dimensioni principali presenti nella pratica professionale nell’ambito dell’assessment: le competenze psicometriche, utili all’identificazioni delle specificità dei diversi strumenti in modo da valutarne più accuratamente un uso congiunto, e le competenze clinico- relazionali, utili e necessarie sia a una somministrazione degli strumenti non solo tecnica, ma anche relazione e arricchita dalle capacità di osservazione, sia a una logica di interpretazione basata sul paziente. L’obiettivo è sottolineare la rilevanza di coniugare ed integrare competenze tecniche e cliniche, in modo da potenziare e favorire una cultura improntata alla conoscenza di Best Practice nell’area dell’assessment.
Per la messa a punto degli obiettivi sopradescritti si propone di lavorare alla definizione di una linea di azione: la costruzione di standard minimi di qualità nella formazione degli psicologi che intendono muoversi nell’area dell’assessement. In questa direzione, si ritiene un interessante punto di ancoraggio scientifico il lavoro pubblicato recentemente da Bornstein (2017) sul Journal of Personality Assessment, in cui l’autore sottolinea la rilevanza di introdurre il concetto di evidence- based assessment: vale a dire la possibilità di focalizzarsi su tre aspetti ritenuti competenze centrali per gli psicologi che si muovono nel mondo dell’assessement: 1) la ricerca; 2) l’esperienza clinica; 3) le caratteristiche del paziente.