Commmissione etica
La COMMISSIONE ETICA è un organo dell’Associazione Italiana di Psicologia (art. 7 dello Statuto) ed è formata da un/una rappresentante per ciascuna delle Sezioni, eletto/a contestualmente agli organismi dirigenti della Sezione (art. 12 dello Statuto).
Ha il compito di redigere e curare l’aggiornamento del Codice Etico dell’Associazione, in accordo con la normativa nazionale e internazionale, al fine di regolare l’esercizio della ricerca, dell’insegnamento e della diffusione dei risultati di ricerca nell’ambito della psicologia. A tal fine la Commissione interagisce con i Comitati Etici Locali istituiti presso Atenei, Facoltà, Dipartimenti o Centri di Ricerca, fornendo in caso di necessità il proprio parere consultivo (art. 12 dello Statuto).
La Commissione Etica esplica inoltre le seguenti funzioni:
- (a) propone raccomandazioni sui comportamenti e le prassi da adottare nelle attività di ricerca, rispondendo anche a specifiche richieste dei singoli soci;
- (b) gestisce la pagina del sito web AIP sui temi etici nella ricerca psicologica e l’aggiorna inserendo materiale di discussione, riferimenti bibliografici, annunci di congressi e corsi, resoconti sull’attività della Commissione Etica;
- (c) organizza eventi formativi (seminari e scuole) e di confronto (tavole rotonde e convegni);
- (d) produce documenti di consultazione; (e) svolge attività di supporto e consulenza nella compilazione dei progetti di ricerca (art. 18 del Regolamento).
Coordinatore
Elena Trifiletti (Rappresentante della Sezione di Psicologia Sociale)
Membri
Silvio Carlo Ripamonti (Rappresentante della Sezione di Psicologia per le Organizzazioni)
Antonietta Curci (Rappresentante della Sezione di Psicologia Sperimentale)
Annalisa Guarini (Rappresentate della Sezione di Psicologia dello Sviluppo e dell’Educazione)
Gian Mauro Manzoni (Rappresentante nel Comitato Scientifico AIP e Rappresentante della Sezione di Psicologia Clinica e Dinamica)
Documenti utili
Bozza proposta di modifiche e aggiornamenti al Codice Etico (23.07.2024)
SCARICA PDFGuidelines sull'uso dell'Intelligenza Artificiale (IA) (15.07.2024)
SCARICA PDFComitati Etici Locali (agg.to al 28.04.2024)
SCARICA PDFCodice etico
scarica pdfApprovato nel 2015 e aggiornato in base alle norme GDPR nel luglio 2022
Il Codice Etico per la ricerca in psicologia (d’ora in avanti Codice Etico) definisce gli standard di comportamento che gli iscritti e le iscritte all’Associazione Italiana di Psicologia (AIP) condividono e osservano per garantire la corretta realizzazione delle attività di ricerca e diffusione della conoscenza, proteggere i diritti delle persone partecipanti e delle altre persone coinvolte, promuovere una riflessione critica sulle implicazioni etiche della ricerca in ambito psicologico. Il Codice Etico si ispira ai principi fondamentali della Costituzione della Repubblica Italiana, in particolare a quelli di uguaglianza (art. 3) e inviolabilità dei limiti imposti dal rispetto della persona umana (art. 32), e ai principi della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e della Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione Europea. Riprende i documenti nazionali, comunitari e internazionali sulla sperimentazione con esseri umani e animali, ponendo particolare attenzione alla versione corrente della Dichiarazione di Helsinki [1]. Completa e integra il Codice deontologico degli Psicologi Italiani, in particolare le prescrizioni relative alle attività di ricerca (art. 9) e di insegnamento (art. 21). La persona che svolge ricerca in psicologia è tenuta a conoscere e a far conoscere il presente Codice Etico, a ispirarsi ad esso nel proprio lavoro e a rispettarlo e farlo rispettare; la sua mancata conoscenza non può essere usata come giustificazione di una condotta eticamente inappropriata.
Integrità
Chi svolge attività di ricerca in psicologia agisce con onestà, lealtà, trasparenza, autonomia ed equità, nel rispetto di tutte le persone coinvolte e nell’interesse di partecipanti, colleghi e colleghe, studenti e studentesse, istituzione di appartenenza, comunità scientifica, gruppi sociali di riferimento e opinione pubblica. Essere integri significa evitare comportamenti opportunistici o ambigui e non abusare del proprio ruolo istituzionale e delle situazioni di asimmetria informativa e decisionale; significa prevenire e rimuovere le situazioni di conflitto di interessi, oltreché resistere ad ogni forma di pressione che si prefigga di condizionare o alterare i progetti di ricerca e i loro risultati.
Rispetto della dignità della persona
Chi svolge attività di ricerca in psicologia rispetta la dignità, la libertà e il benessere delle persone partecipanti, delle studentesse e degli studenti, delle colleghe e dei colleghi, delle collaboratrici e dei collaboratori, e tutela i loro diritti alla autodeterminazione e alla riservatezza. Evita e contrasta ogni forma di discriminazione basata su genere, orientamento sessuale, età, livello di istruzione, nazionalità, etnia, religione, stato socio-economico, opinioni politiche e sindacali, condizioni psico-fisiche. Nell’interazione con le persone partecipanti, tiene conto della loro specificità linguistica e culturale, delle eventuali condizioni di vulnerabilità e delle capacità di comprendere e comunicare.
Competenza
Chi svolge attività di ricerca in psicologia è consapevole dei limiti della propria competenza e utilizza solo metodi e tecniche per cui possiede un’adeguata preparazione scientifica e metodologica. Si impegna ad aggiornare continuamente le proprie competenze tecniche e professionali, dedicando particolare attenzione ai temi di natura etica e agli eventuali cambiamenti nella normativa nazionale e internazionale. Agisce affinché coloro che lavorano sotto la sua supervisione mantengano un adeguato livello di preparazione e operino riconoscendo i limiti delle loro competenze.
Responsabilità sociale
Chi svolge attività di ricerca in psicologia è consapevole della responsabilità sociale che deriva dai propri indirizzi di ricerca, dalle scelte metodologiche e dalle modalità di diffusione dei risultati che possono essere diversamente interpretati e usati nei diversi contesti di applicazione. Agisce affinché la ricerca possa sempre incrementare la conoscenza, le possibilità di intervento, l’offerta di strumenti di comprensione e soluzione dei problemi. In nessun caso, presta la sua attività e la sua competenza per generare o giustificare sofferenza e oppressione.
Tutela del benessere
Chi svolge attività di ricerca in psicologia si impegna a non compromettere il benessere psico-fisico delle persone partecipanti e a non alterare il loro grado di sicurezza e autostima. Garantisce che la partecipazione alle ricerche non determini un peggioramento delle condizioni attuali e non esponga a situazioni di rischio, disagio o sofferenza.
Articolo 1. Informazione e consenso alla partecipazione alla ricerca
1.1 Chi svolge attività di ricerca informa adeguatamente le persone partecipanti e acquisisce preliminarmente, e per iscritto, anche in forma digitale, il loro consenso alla partecipazione. Il consenso alla partecipazione deve essere informato; in assenza di una chiara, completa ed esauriente informativa il consenso non può essere definito tale, anche se questo viene esplicitamente manifestato dalla persona che partecipa.
1.2 Le persone partecipanti sono chiaramente informate che il consenso alla partecipazione alla ricerca può essere rilasciato, rifiutato o ritirato in qualsiasi momento; ad esse è garantita la più ampia libertà decisionale e concesso tutto il tempo necessario per riflettere, avanzare dubbi e chiedere dei chiarimenti. La persona che partecipa alla ricerca deve essere esplicitamente informata che è libera di ritirarsi in ogni momento senza dover dare alcuna giustificazione e che il rifiuto a partecipare o la decisione di ritirarsi non comportano alcun pregiudizio.
1.3 Le informazioni sono date in forma scritta ed eventualmente anche oralmente, in modo non ambiguo, esauriente, comprensibile e adeguato all’età, al grado di istruzione e alle competenze cognitive delle persone partecipanti. I fogli informativi che descrivono la ricerca e il trattamento dei dati personali sono distinti dai moduli per l’acquisizione dei due tipi di consenso (alla partecipazione alla ricerca e al trattamento dei dati).
1.4 Il foglio informativo per la partecipazione alla ricerca deve riportare: (a) la descrizione della ricerca (breve esposizione degli obiettivi e delle procedure con esauriente anticipazione degli eventuali rischi e delle azioni previste per prevenirli e affrontarli, nonché dei benefici per l’individuo e/o per la collettività); (b) le modalità di restituzione dei risultati; (c) il diritto di rifiutare o interrompere la partecipazione; (d) le misure previste per tutelare l’anonimato; (e) gli elementi identificativi della persona responsabile della ricerca (nominativo, status scientifico e professionale, istituzione di appartenenza) e delle eventuali ulteriori persone a cui è possibile rivolgersi per chiedere chiarimenti e informazioni anche dopo la conclusione della ricerca; (f) la fonte di finanziamento e/o l’eventuale presenza di committenze esterne; (g) la possibilità, se prevista, che i dati, resi completamente anonimi, siano resi disponibili per ulteriori ricerche, anche con finalità diverse rispetto alla ricerca originale, sotto la responsabilità della persona che coordina la ricerca. È inoltre utile indicare anche gli elementi identificativi della persona garante, esterna al gruppo di ricerca, a cui rivolgersi in caso di problemi.
1.5 Il foglio informativo per la partecipazione alla ricerca può contenere informazioni parziali o ingannevoli solo nei casi e nelle modalità previste dall’articolo 2.
1.6 La libertà di partecipare alla ricerca è particolarmente tutelata quando sono coinvolte persone vulnerabili (minori; persone istituzionalizzate, ospedalizzate o detenute; gruppi a rischio di stigma o discriminazione sociale) e nel caso di relazione asimmetrica fra chi partecipa e chi effettua la ricerca (studente/docente; cliente/terapeuta). In quest’ultimo caso è necessario che la distinzione tra attività di ricerca e pratica professionale o didattica sia chiaramente esplicitata per prevenire malintesi e infondate aspettative.
1.7 Chi svolge attività di ricerca in psicologia evita che le relazioni personali derivanti da altri ruoli (docente, clinico, ecc.) possano minare l’obiettività delle decisioni o dar luogo a forme indirette di coercizione.
1.8 Il foglio informativo per il trattamento dei dati personali, ovvero dati non anonimi, coerentemente con quanto previsto dalla normativa [2], è fornito secondo le indicazioni contenute nell’Appendice A del presente Codice.
1.9 Chi firma il consenso dichiara di aver ricevuto in maniera completa tutte le informazioni utili e che non ha dubbi rimasti in sospeso e ulteriori domande da porre; inoltre, nel caso in cui il tipo di ricerca lo renda necessario, indica il riferimento della persona da informare qualora durante la ricerca dovessero emergere informazioni impreviste di possibile rilevanza clinica; infine fornisce o nega il consenso ad essere nuovamente contattato per partecipare a nuove ricerche.
1.10 Per quanto concerne le persone che non siano in grado di esprimere validamente il consenso, questo deve essere dato da chi ne ha la responsabilità genitoriale o la tutela legale. Nel caso dei minori, il consenso è espresso di regola da entrambi i genitori.
1.11 Anche la persona che non può validamente esprimere il consenso è adeguatamente informata e invitata a manifestare comunque il proprio assenso, compatibilmente con le proprie capacità di comprensione e comunicazione.
1.12 Il consenso alla partecipazione alla ricerca e il consenso al trattamento dei dati non vanno confusi con l’autorizzazione a svolgere ricerche in ambienti esterni a quelli dell’Università o degli Enti di Ricerca (per esempio in ambito scolastico o lavorativo), che deve essere richiesta in via preliminare ai/lle dirigenti e ai/lle responsabili delle strutture ospitanti sia per poter accedere ai locali delle strutture coinvolte sia per potersi relazionare con il personale ivi presente. L’autorizzazione a svolgere una ricerca all’interno delle strutture di una organizzazione non implica la partecipazione automatica e obbligatoria di tutti i membri di quell’organizzazione, senza che le persone siano informate individualmente e abbiano liberamente espresso il loro consenso.
1.13 Chi svolge attività di ricerca prevede, ogni volta che sia possibile, al termine della raccolta dei dati o della ricerca, una fase di restituzione e/o un colloquio di chiarimento e spiegazione; inoltre è sempre disponibile a rispondere alle richieste o ai dubbi che dovessero insorgere anche dopo la conclusione della ricerca nonché a dare informazioni aggiuntive, anche estranee al progetto della ricerca, su aspetti di interesse dei partecipanti.
1.14 Qualora emergesse la necessità di usare i dati di una ricerca precedente per ricerche con una diversa finalità rispetto a quella originaria, e nel modulo del consenso alla partecipazione alla ricerca non fosse stata indicata esplicitamente la possibilità della condivisione dei dati di ricerca (ad esclusione dei dati che rendono la persona identificabile), un nuovo consenso deve essere richiesto a ogni partecipante. Nel caso di ricerche condotte fuori dall’Università o dagli Enti di Ricerca, le persone responsabili delle strutture che le hanno ospitate devono essere informati della nuova finalità cui sono destinati i dati raccolti.
1.15 È possibile derogare dall’obbligo di acquisizione del consenso esclusivamente nel caso di ricerche condotte con metodi osservativi in luoghi pubblici e in cui non vi sia la possibilità preventiva o successiva di contattare le persone oggetto di osservazione, e nei casi in cui sia stato esplicitato, nel primo consenso, che i dati di ricerca sarebbero stati condivisi con altr/ei ricercatori/trici, sempre per finalità di ricerca. Anche in questi casi il diritto alla riservatezza delle persone partecipanti va tutelato, rendendo i dati anonimi e facendo in modo che non sia possibile risalire all’identità delle persone partecipanti, ad esempio rendendo non riconoscibili i volti e le voci al momento della diffusione e condivisione dei dati e della diffusione dei risultati.
Articolo 2. Uso dell’inganno nella ricerca
2.1 Qualora l’obiettivo scientifico lo richieda e non si possano usare metodi alternativi, la persona che partecipa ad una ricerca può essere tenuta all’oscuro o fuorviata su alcuni aspetti della ricerca. Di conseguenza il modulo informativo per la partecipazione alla ricerca può contenere informazioni parziali o false per non rivelare i veri scopi della ricerca.
2.2 Anche in caso di uso dell’inganno, i rischi al benessere psico-fisico delle persone partecipanti non possono mai essere taciuti ma sono sempre correttamente e completamente riportati.
2.3 Chi usa l’inganno in una ricerca informa esaurientemente ogni partecipante alla fine della sessione o, se necessario, al temine della raccolta dei dati e chiede il consenso all’uso dei dati raccolti, in sostituzione del consenso espresso in precedenza (che per definizione non è valido perché acquisito sulla base di informazioni incomplete e non corrette).
2.4 In assenza di un nuovo consenso scritto, i dati raccolti non possono essere utilizzati e devono essere definitivamente eliminati.
2.5 Il colloquio di chiarimento e di rassicurazione alla fine della prova (o della ricerca) non è limitato alla sola descrizione degli aspetti della ricerca su cui la persona partecipante è stata ingannata, ma si propone di ripristinare lo stato di umore e di autostima precedente alla partecipazione alla ricerca e di eliminare le eventuali idee sulla ricerca o sulla propria persona che si siano formate, per effetto della ricerca, in maniera scorretta.
Articolo 3. Restituzione dei risultati
3.1. Chi svolge attività di ricerca si dichiara disponibile a riferire i risultati della ricerca alle persone partecipanti e alle altre persone coinvolte (insegnanti, personale sanitario, dirigenti, ecc.). Nel caso di ricerche con minori o con persone che non sono in grado di esprimere validamente la propria volontà, i risultati sono restituiti a chi ne ha la rappresentanza o la tutela legale. Nel caso di ricerche con committenza esterna (organizzazione di lavoro, istituzione scolastica, azienda sanitaria o altro), i risultati sono restituiti anche alla committenza nel rispetto del diritto all’anonimato delle persone partecipanti.
3.2. I risultati della ricerca sono presentati in forma aggregata in modo che le informazioni fornite non siano riconducibili alle singole persone partecipanti. Nei casi di ricerca-intervento, in cui la restituzione dei risultati assume per le persone partecipanti anche un valore di formazione o di auto-riflessione, l’eventuale restituzione al singolo partecipante va data in forma privata e solo su esplicita richiesta dello stesso.
3.3. Chi restituisce i risultati presta particolare attenzione agli aspetti applicativi e alle implicazioni culturali e politiche, cercando di rappresentare la complessità dei problemi aperti e di prevenire ingiustificate interpretazioni basate su pregiudizi e stereotipi. Usa un linguaggio adatto per la comprensione dei dati e fornisce informazioni che non lascino spazio a dubbi o malintesi. Evita di fare commenti che possano essere interpretati come valutativi della persona o del suo gruppo di appartenenza.
3.4 Nel caso di studi in ambito clinico è importante specificare che i risultati hanno solo valore conoscitivo e non comportano alcun vantaggio personale in termini diagnostici o terapeutici.
3.5. Nei casi in cui, malgrado l’adozione delle necessarie cautele, la restituzione dei risultati della ricerca possa arrecare un pregiudizio e/o un danno alle persone coinvolte, chi svolge attività di ricerca si impegna a mettere in atto tutte le azioni che consentano di ripristinare il precedente stato di benessere e sicurezza.
Articolo 4. Riservatezza e anonimato
4.1 Chi svolge attività di ricerca rispetta sempre il diritto delle persone partecipanti alla riservatezza e all’anonimato. I dati personali, inclusi i dati appartenenti a categorie particolari [3], raccolti nell’ambito dell’attività di ricerca sono trattati e conservati con adeguate misure tecniche ed organizzative di sicurezza, secondo quanto stabilito dalle leggi vigenti [2].
4.2 I dati personali sono utilizzati soltanto per gli scopi definiti nel progetto di ricerca (vedi Appendice B al presente Codice) e descritti nel modulo informativo per la partecipazione alla ricerca. I dati appartenenti a categorie particolari [3] sono raccolti e utilizzati solo se strettamente pertinenti agli scopi della ricerca.
4.3 La persona responsabile del progetto di ricerca ha l’obbligo di custodire i dati personali e i codici identificativi in modo da evitarne la dispersione, la sottrazione e ogni altro uso non conforme alle leggi vigenti e ai principi etici che ispirano il presente Codice.
4.4 Tutte le informazioni personali riguardanti le persone partecipanti alla ricerca sono trattate confidenzialmente e sono accessibili solo ai ricercatori e alle ricercatrici autorizzati/e dalla persona responsabile del progetto di ricerca.
4.5 I risultati delle ricerche sono diffusi solo in forma anonima o comunque aggregata, evitando la comunicazione e/o diffusione di qualunque informazione che possa consentire l’identificazione, anche generica, delle persone partecipanti. L’eventuale diffusione di informazioni che possano rivelare l’identità della persona partecipante deve essere preventivamente autorizzata per iscritto dalla stessa o dal suo rappresentante e/o tutore legale.
4.6 Nella diffusione dei risultati e in assenza di esplicita autorizzazione, chi svolge attività di ricerca garantisce l’anonimato della struttura presso la quale sono stati raccolti i dati.
4.7 Il diritto all’anonimato e il diritto alla riservatezza sono garantiti anche nel caso di ricerche che prevedano la somministrazione di test e questionari online, mediante l’uso di tutti gli strumenti tecnologici disponibili per garantire la non tracciabilità della fonte di risposta.
4.8 Se durante la realizzazione di una ricerca le persone partecipanti dovessero rivelare informazioni relative a gravi pericoli per la vita, la salute o la sicurezza di terze persone, chi svolge attività di ricerca valuta con attenzione la necessità di derogare totalmente o parzialmente al rispetto della riservatezza.
4.9 Per assicurare l’equilibrio tra il diritto alla protezione dei dati personali e il diritto alla riservatezza, con le esigenze della ricerca scientifica, chi svolge attività di ricerca opera in conformità alle “Regole deontologiche per trattamenti a fini statistici o di ricerca scientifica” [4]. Il rispetto delle disposizioni contenute nelle regole deontologiche costituisce condizione essenziale per la liceità e correttezza del trattamento dei dati personali (vedi Appendice B).
Articolo 5. Rischi e gestione dei rischi
5.1 L’attività di ricerca non deve mai compromettere, in modo permanente o temporaneo, il benessere psico-fisico delle persone. Allo stesso modo, l’attività di ricerca e la restituzione dei risultati non devono recare danno al sistema di relazioni che il partecipante intrattiene con colleghi e colleghe, amici e amiche e familiari, né deve creare nocumento all’immagine di sé.
5.2 Sono inaccettabili le ricerche che possano causare patologie di varia natura, di tipo organico e psicologico, o implichino la possibilità di effetti nocivi, anche a lunga scadenza, conseguenti all’uso di agenti fisici e chimici.
5.3 La stima dei rischi e le dichiarazioni di rassicurazione devono sempre essere documentate e sostenute dai dati della letteratura scientifica.
5.4 Nei casi in cui la procedura di una ricerca implichi possibili rischi a causa delle condizioni fisiche e cliniche delle persone, la partecipazione deve essere preceduta da una intervista mirata, al fine di individuare ogni fattore incompatibile con la realizzazione della ricerca.
5.5 Nel caso si preveda la somministrazione di stimoli anche minimamente dolorosi o contrastanti con la sensibilità personale e culturale degli individui, chi svolge attività di ricerca adotta procedure idonee a prevenire situazioni di disagio e sofferenza. Gli esperimenti che includono l’uso di stimoli dolorosi sono preceduti da prove che stabiliscano i livelli individuali di percezione del dolore. Gli studi che richiedono l’uso di stimoli che possono essere fonte di disagio includono una fase preliminare di familiarizzazione con il materiale.
5.6 Oltre a garantire ogni intervento che prevenga le situazioni di rischio prevedibile, chi svolge attività di ricerca deve essere preparato/a a fronteggiare situazioni inattese. Qualora le persone partecipanti manifestino reazioni di disagio e/o sofferenza, anche indipendenti dalle condizioni di indagine, è necessario interrompere immediatamente la ricerca.
Articolo 6. La protezione delle persone partecipanti alla ricerca
6.1 Chi svolge attività di ricerca possiede documentate competenze relazionali e scientifiche e garantisce un corretto e rispettoso rapporto con ogni partecipante.
6.2 Nel caso di studi che prevedano anche minime possibilità di rischio per la salute, chi svolge attività di ricerca deve possedere competenze di pronto intervento.
6.3 Nel caso la ricerca preveda la presenza di collaboratori e collaboratrici ancora in formazione, la persona responsabile della ricerca garantisce il possesso da parte di queste persone delle capacità necessarie per il corretto svolgimento dei compiti assegnati e di un’adeguata competenza relazionale.
6.4 Qualora durante la ricerca emergessero informazioni impreviste relative alle condizioni psico-fisiche delle persone partecipanti o dovessero incidentalmente essere rilevati reperti per i quali si ponga il sospetto di riscontro di rilevanza clinica, dovrà essere contattata la persona indicata nel modulo di consenso alla partecipazione dalla persona partecipante.
6.5 L’eventuale possibilità di acquisire informazioni incidentali sulla salute psico-fisica dei partecipanti deve essere chiarita loro al momento dell’acquisizione del consenso.
6.6 L’efficacia di un nuovo intervento educativo, clinico o riabilitativo è testata confrontandola con l’intervento standard, in uso al momento della ricerca. La costituzione di gruppi di controllo che ricevono esclusivamente il placebo è accettabile quando non esiste alcun intervento valido disponibile. Chi svolge attività di ricerca in psicologia adotta particolare attenzione nell’evitare un uso non corretto del placebo.
6.7. Chi svolge attività di ricerca gestisce il rapporto con i collaboratori e le collaboratrici e i tecnici, garantendo il pieno rispetto della dignità personale, la valorizzazione delle competenze individuali e le esigenze di crescita e sviluppo professionale [5].
Articolo 7. Incentivi alla partecipazione
7.1 La partecipazione alla ricerca e alla sperimentazione deve essere libera e non sottoposta ad alcuna forma di coercizione, diretta e indiretta, esplicita e implicita.
7.2 Le persone partecipanti possono ricevere un attestato di partecipazione ed eventualmente un rimborso forfettario per le spese dirette e indirette sostenute.
7.3 Chi svolge attività di ricerca non promette alcun vantaggio in cambio della partecipazione. Nel caso di studenti e studentesse, l’eventuale riconoscimento di crediti e voti non è affidato alla decisione discrezionale del/la docente responsabile della ricerca ma è demandato alle procedure decisionali proprie delle strutture dipartimentali.
7.4 L’eventuale riconoscimento e valorizzazione della partecipazione alla ricerca psicologica da parte delle strutture accademiche non deve essere fonte di disparità tra le studentesse e gli studenti. A chi non partecipa alla ricerca deve essere garantita la possibilità di ottenere in modo alternativo gli stessi benefici didattici e formativi garantiti a chi partecipa alla ricerca.
7.5 Chi svolge attività di ricerca garantisce che le persone partecipanti possano decidere se concedere, rifiutare o ritirare il consenso, senza che questo comporti pregiudizio alcuno al curriculum accademico nel caso di studenti e studentesse, alla relazione terapeutica nel caso di pazienti e alle condizioni di vita e di lavoro nel caso di persone istituzionalizzate o dipendenti.
Articolo 8. La ricerca con animali
8.1 Chi svolge attività di ricerca utilizzando animali a fini scientifici è responsabile non solo del trattamento che essi ricevono durante gli esperimenti, ma anche del loro benessere in termini di salute e confort nell’intero corso della ricerca, nel pieno rispetto della normativa nazionale e internazionale [6].
8.2 Il benessere dell’animale deve essere assicurato, anche al di fuori della prestazione sperimentale, quanto agli aspetti alimentari, igienici, abitativi e sociali. Le responsabilità di chi svolge attività di ricerca riguardano tutti gli aspetti e i momenti del trattamento dell’animale.
8.3 Chi svolge attività di ricerca si assicura che coloro che a qualunque titolo collaborano alla ricerca con animali abbiano competenza ed esperienza adeguate, sia che si occupino delle attività di pulizia, nutrimento, e soppressione, sia che svolgano funzioni più immediatamente connesse alla ricerca.
8.4 I metodi e le procedure sperimentali devono prevedere il rispetto del principio della massima riduzione possibile del numero di animali impiegati mantenendo la previsione di risultati affidabili.
8.5 Le procedure sperimentali che comportano interventi chirurgici su animali o la presentazione di stimoli dolorosi vanno ridotte al minimo e consentite solo quando siano giustificate dalla preminenza degli obiettivi della ricerca e non siano disponibili altre procedure alternative.
8.6 Chi svolge attività di ricerca con animali si adopera per ridurre al minimo l’entità della stimolazione dolorosa o di altri stimoli che possono attivare intensi stati emozionali negativi o provocare situazioni di forte disagio e stress.
Articolo 9. Diffusione della ricerca scientifica
9.1 La presentazione delle ricerche nelle sedi scientifiche (congressi, riviste, pubblicazioni, ecc.), necessaria per il progresso della conoscenza, è guidata esclusivamente da motivi scientifici o divulgativi. I risultati e la loro interpretazione sono esposti in modo chiaro ed esaustivo, sia per favorire il confronto delle idee e dei metodi nell’ambito della comunità scientifica, sia per promuovere la diffusione della conoscenza nella società.
9.2 Chi svolge attività di ricerca si adopera per consentire la replicabilità dei propri lavori, garantisce una comunicazione scientifica accurata e dettagliata ed è disponibile a fornire ogni informazione utile per lo svolgimento di meta-analisi o la riproduzione dei risultati.
9.3 In nessuna fase della ricerca sono consentite, in tutto o in parte, condotte quali fabbricazione di dati, falsificazione, plagio e auto-plagio. Con il termine “auto-plagio” ci si riferisce alla pubblicazione multipla della medesima ricerca con la riproduzione degli stessi risultati e alla pubblicazione multipla del medesimo lavoro con la riproduzione di parti consistenti del testo. Quando una stessa ricerca dà luogo a più pubblicazioni che ne espongono aspetti differenti, la relazione con le altre pubblicazioni è sempre esplicitata.
9.4 I dati raccolti in altre ricerche non possono essere utilizzati senza citarne la fonte o senza il consenso di chi le ha condotte. L’utilizzo di strumenti e dati di ricerca per i quali è necessario il consenso di chi li ha prodotti è possibile solo dopo averne ottenuto il preventivo consenso.
9.5 Nelle pubblicazioni è necessario indicare le fonti di finanziamento, nonché ogni tipo di supporto e aiuto ricevuto da istituzioni e singole persone.
9.6 Nelle pubblicazioni è doveroso citare le fonti originali e attribuire pieno riconoscimento ai lavori altrui, sia che essi siano serviti come ispirazione, sia che siano stati riportati in tutto o in parte, anche se modificati nella forma. Ciò vale anche nel caso si tratti di materiale non pubblicato, noto a chi scrive attraverso collaborazioni scientifiche e relazioni personali, oppure di materiale tratto da Internet.
9.7 Coloro che hanno svolto la ricerca devono esplicitare il loro ruolo e la loro responsabilità riguardo ai dati raccolti. Le persone che hanno collaborato in modo sostanziale nelle varie fasi della ricerca (colleghi e colleghe, personale tecnico, studentesse e studenti) devono vedere riconosciuta la contitolarità del lavoro pubblicato o della presentazione congressuale. Anche le persone che hanno contribuito in modo non sostanziale, ma accertabile, devono essere esplicitamente menzionate nel testo o nei ringraziamenti. Non devono invece essere inseriti fra gli autori i nomi di persone che non hanno dato alcun contributo, né nelle diverse fasi della ricerca, né nella redazione della pubblicazione.
9.8 Ogni presentazione effettuata nelle sedi scientifiche deve avere un carattere di originalità e non essere la ripetizione di lavori già presentati. Nel caso si tratti di una ricerca già pubblicata o presentata ad un congresso, anche se solo parzialmente, tale fatto va dichiarato esplicitamente con gli opportuni riferimenti.
9.9 Chi svolge attività di ricerca in psicologia deve essere disponibile, per un periodo di almeno tre anni dalla pubblicazione dei risultati, a mostrare i dati grezzi, ancorché anonimi, a chi ne faccia richiesta per ulteriori verifiche.
9.10 In ogni comunicazione scientifica deve essere evitato un uso del linguaggio che manifesti forme di discriminazione a danno di qualsivoglia gruppo o minoranza.
9.11 Nelle comunicazioni in ambito scientifico oppure in contesti finalizzati alla divulgazione o all’intrattenimento, chi svolge attività di ricerca in psicologia specifica in modo chiaro le proprie competenze e il proprio ruolo professionale.
9.12 Nella comunicazione mediatica chi svolge attività di ricerca in psicologia si astiene dall’esprimere valutazioni su temi di cui non è competente ed evita considerazioni sommarie e banalizzazioni della ricerca psicologica che possano minacciare la reputazione delle persone e della disciplina [7].
Articolo 10. Ricerca, insegnamento e valutazione
10.1 Chi svolge attività di ricerca in psicologia si impegna a promuovere la conoscenza dei principi etici della ricerca all’interno dei corsi di laurea e mediante specifiche attività seminariali e di aggiornamento.
10.2 Chi svolge attività di ricerca oppure agisce come supervisore di ricerche altrui è consapevole della responsabilità educativa nei confronti dei collaboratori e delle collaboratrici e del dovere di trasmettere i principi previsti dal presente Codice Etico e di vigilare sul loro rispetto.
10.3 Chi svolge attività di ricerca è responsabile del corretto utilizzo degli strumenti psicologici (test, questionari, ecc.) e della loro salvaguardia anche in assenza di esigenze di tutela del copyright. Non permette un uso autonomo di tali strumenti da parte delle persone in formazione prima che queste abbiano raggiunto l’adeguata preparazione.
10.4 Chi svolge attività di ricerca è garante della preparazione dei collaboratori e delle collaboratrici in formazione (studenti e studentesse, dottorandi e dottorande) e si accerta della correttezza con cui questi si qualificano all’esterno.
10.5 La partecipazione alla ricerca è offerta agli studenti e alle studentesse e ai cittadini e alle cittadine come un’importante occasione formativa per conoscere le finalità e le procedure dell’attività scientifica. Chi svolge attività di ricerca è disponibile a illustrare, spiegare e discutere tutti gli aspetti teorici e metodologici della ricerca.
10.6 Nelle attività di valutazione di progetti di ricerca, articoli e altre iniziative editoriali, chi svolge attività di ricerca si ispira esclusivamente a principi di merito e qualità scientifica; evita comportamenti finalizzati a ottenere indebiti vantaggi per sé o per il proprio gruppo di lavoro (ad esempio, pretendere citazioni ingiustificate oppure bloccare pubblicazioni che riportano risultati o ipotesi contrastanti con le proprie teorie); rispetta il lavoro altrui, anche in caso di giudizi negativi, adottando un approccio valutativo finalizzato al miglioramento del prodotto scientifico [8].
Articolo 11. Comitato Etico Locale
11.1 I progetti di ricerca in psicologia prima di essere avviati sono valutati e approvati da un Comitato Etico Locale, ove costituito, con impegno di una rapida costituzione ove non ancora esistente.
11.2 Per le ricerche in ambito sanitario e farmacologico e per la sperimentazione animale, la costituzione e il funzionamento dei Comitati Etici Locali e le modalità di presentazione dei protocolli di ricerca sono definite dalla normativa vigente [9].
11.3 Per quanto riguarda le ricerche psicologiche con gli esseri umani, il Comitato Etico Locale pone particolare attenzione ai casi che prevedano (a) un rischio per il benessere psico-fisico delle persone partecipanti; b) la partecipazione di persone vulnerabili (quali minori, persone non in grado di esprimere il consenso, persone detenute, persone ospedalizzate o istituzionalizzate; gruppi esposti a stigma o rischio di discriminazione sociale); (c) l’utilizzazione di apparati biomedicali e di strumenti di indagine invasiva; (d) l’uso dell’inganno; (e) l’utilizzazione di stimoli che possano ferire la sensibilità personale e culturale delle persone partecipanti; (f) l’introduzione di limitazioni del diritto all’anonimato e alla riservatezza delle persone partecipanti.
11.4 In assenza di un Comitato Etico Locale che si occupi anche di ricerca psicologica con l’essere umano, chi svolge attività di ricerca in psicologia si impegna a sensibilizzare l’istituzione di appartenenza affinché siano estese le competenze del Comitato Etico esistente o sia promossa la costituzione di un Comitato Etico per la Ricerca con l’essere umano, auspicabilmente organizzato a livello di Ateneo o di Ente di Ricerca e secondo i principi descritti nei commi seguenti.
11.5 Il Comitato Etico Locale è indipendente da coloro che svolgono l’attività di ricerca, dall’istituzione di appartenenza e dai finanziatori delle ricerche. Per garantire indipendenza e imparzialità e per evitare conflitti di interessi, i componenti del Comitato Etico Locale sono in maggioranza esterni alla struttura (Ateneo, Dipartimento o Ente di ricerca) entro cui agisce.
11.6 Il Comitato Etico Locale si dota di un regolamento autonomo, coerente con la normativa vigente e adotta procedure operative funzionali al contesto istituzionale (risorse disponibili, tipologia di ricerche, specificità della sede, ecc.), che consentano di tutelare contemporaneamente le esigenze delle persone partecipanti e delle persone che svolgono attività di ricerca.
11.7 La composizione del Comitato Etico Locale garantisce il pluralismo degli orientamenti etici e comprende competenze diverse (quali psicologiche, giuridiche, mediche, statistiche, filosofiche e bioetiche). Per questioni specifiche è possibile l’integrazione del Comitato con esperti esterni nonché l’acquisizione di pareri specialistici.
11.8 Il Comitato Etico Locale esplica le funzioni di consulenza, valutazione, approvazione e monitoraggio dei protocolli di ricerca ed esprime pareri motivati e vincolanti in tempi certi e ragionevoli.
11.9 Il Comitato Etico Locale si esprime sulle implicazioni etiche dei protocolli di ricerca considerando: (a) la chiara esplicitazione delle ipotesi di ricerca e la solidità dell’impianto teorico e metodologico; (b) la presenza nel gruppo di ricerca delle competenze richieste dal protocollo; (c) la tutela delle persone partecipanti relativamente al benessere psico-fisico, all’autonomia decisionale e alla riservatezza; (d) la completezza e la comprensibilità dei moduli informativi; (e) l’affidabilità delle procedure di sicurezza per la prevenzione e gestione dei rischi e quelle per la conservazione e protezione dei dati; (f) il rispetto dei gruppi sociali rappresentati dalle persone partecipanti nella fase di interpretazione e diffusione dei risultati.
11.10 Il Comitato Etico Locale collabora con coloro che propongono i protocolli di ricerca per esplicitare tutti i temi di natura etica, condividere le soluzioni, prevenire e correggere ogni situazione problematica, migliorare la scrittura dei protocolli e concordare l’ammontare dell’eventuale rimborso forfettario alle persone partecipanti.
11.11 Il Comitato Etico Locale può autorizzare l’accesso e l’uso di dati personali, ivi compresi quelli appartenenti a categorie particolari ai sensi della normativa vigente [2], depositati in archivi (per esempio, cartelle cliniche) o raccolti con precedenti ricerche nel caso sia impossibile o inattuabile contattare nuovamente le persone interessate per l’acquisizione del loro consenso.
Divulgazione
1. Il presente Codice Etico è pubblicato nel sito dell’Associazione Italiana di Psicologia (AIP) [10].
2. L’AIP si impegna a promuovere la più ampia diffusione del presente Codice Etico mediante iniziative di presentazione e sensibilizzazione, preparazione di materiale informativo, organizzazione di seminari e simposi e ogni altro mezzo ritenuto idoneo.
3. Per partecipare alle iniziative scientifiche organizzate dall’AIP è richiesta una dichiarazione che attesti la conformità delle ricerche al presente Codice Etico.
Commissione etica AIP
1. La Commissione Etica è un organo previsto dallo Statuto dell’AIP [11].
2. La Commissione Etica è formata da un/una rappresentante per ciascuna delle Sezioni ed è eletta contestualmente agli organismi dirigenti della Sezione. Tra i propri membri, la Commissione Etica elegge chi svolge la funzione di Coordinatore.
3. I membri della Commissione Etica rimangono in carica tre anni e possono essere confermati per una sola volta.
4. Le modalità di funzionamento della Commissione sono definite all’interno del regolamento AIP [12].
5. La Commissione Etica ha funzioni consultive, informative e formative per la costruzione di un sentire etico condiviso: (a) propone raccomandazioni sui comportamenti e le prassi da adottare nelle attività di ricerca, rispondendo anche a specifiche richieste dei singoli soci; (b) gestisce la pagina del sito AIP sui temi etici nella ricerca psicologica e l’aggiorna inserendo materiale di discussione, riferimenti bibliografici, annunci di congressi e corsi, resoconti sull’attività della Commissione Etica; (c) organizza eventi formativi (seminari e scuole) e di confronto (tavole rotonde e convegni); (d) produce documenti di consultazione; (e) svolge attività di supporto e consulenza nella compilazione dei progetti di ricerca.
6. La Commissione Etica ha il compito di redigere e curare l’aggiornamento del Codice Etico, in accordo con la normativa nazionale e internazionale e con lo Statuto AIP, e tiene memoria dei cambiamenti apportati nel tempo, monitorandone l’evoluzione.
7. La Commissione Etica non si sostituisce ai Comitati Etici Locali e non ne assume le funzioni; in nessun caso valuta e autorizza singoli progetti di ricerca. Può interagire con i Comitati Etici Locali istituiti presso Atenei, Facoltà, Dipartimenti o Enti di Ricerca, fornendo se richiesto il proprio parere consultivo.
8. La Commissione Etica garantisce la propria collaborazione a Università ed Enti di Ricerca per la costituzione di Comitati Etici Locali.
9. La Commissione Etica propone al Consiglio Direttivo temi legati agli aspetti etici della ricerca in psicologia sui quali elaborare documenti o comunicati da diffondere all’esterno.
10. La Commissione Etica vigila sul rispetto del Codice Etico da parte di tutti i soci e le socie AIP, assicurandosi in particolare, che le ricerche su cui si basano le pubblicazioni e le comunicazioni agli eventi organizzati o patrocinati dalle Sezioni dell’Associazione siano conformi ad esso. Segnala al Presidente AIP eventuali incongruenze o mancanze nelle procedure e nella prassi dell’Associazione.
11. Per l’accertamento di possibili violazioni del Codice Etico, la Commissione Etica procede di propria iniziativa o su segnalazione non anonima di almeno una persona iscritta all’AIP. Nel caso attivi una procedura di contestazione, la Commissione Etica sente tutte le persone interessate assicurando e garantendo la necessaria riservatezza. Al termine della procedura, la Commissione Etica presenta al Consiglio Direttivo una dettagliata relazione con l’eventuale proposta del provvedimento sanzionatorio da adottare che potrà, nei casi più gravi, essere anche l’espulsione.
Procedura di approvazione e aggiornamento del Codice Etico
1. La proposta di Codice Etico è redatta dalla Commissione Etica e inviata a tutte le persone iscritte per ricevere commenti e suggerimenti. Dopo la fase di consultazione, il Codice Etico è approvato dal Consiglio Direttivo e ratificato dall’Assemblea Generale Ordinaria.
2. La stessa procedura è seguita in caso di revisione anche parziale.
Informazione e consenso al trattamento dei dati personali
1. Non rientrano nella disciplina della protezione dei dati personali i dati anonimi, ovverosia i dati raccolti in modo da impedire o non consentire in alcun modo l’identificazione dell’interessato, anche ricorrendo a correlazioni con altre banche dati.
2. Chi svolge attività di ricerca informa adeguatamente i partecipanti sulle finalità e modalità del trattamento dei dati personali raccolti ed acquisisce il consenso al trattamento dei dati personali, ivi compresi quelli appartenenti a categorie particolari di dati ai sensi dell’art. 9 Regolamento UE 2016/679 (es. dati relativi alla salute, dati genetici, dati biometrici, dati relativi alla vita sessuale o all’orientamento sessuale).
3. Il modulo informativo per il trattamento dei dati, coerentemente con quanto previsto dalla normativa [12], descrive: l’identità e i dati di contatto del titolare del trattamento; i dati di contatto del responsabile della protezione dei dati, ove applicabile; le finalità del trattamento cui sono destinati i dati personali nonché la base giuridica del trattamento; gli eventuali destinatari o le eventuali categorie di destinatari dei dati personali; ove applicabile, l’intenzione del titolare del trattamento di trasferire dati personali a un paese terzo o a un’organizzazione internazionale e l’esistenza o l’assenza di una decisione di adeguatezza della Commissione europea ovvero l’esistenza di garanzie adeguate per il trasferimento; il periodo di conservazione dei dati personali oppure, se non è possibile, i criteri utilizzati per determinare tale periodo; l’esistenza del diritto dell’interessato di chiedere al titolare del trattamento l’accesso ai dati personali e la rettifica o la cancellazione degli stessi o la limitazione del trattamento dei dati personali che lo riguardano o di opporsi al loro trattamento, oltre al diritto alla portabilità dei dati; qualora il trattamento sia basato sul consenso, l’esistenza del diritto di revocare il consenso in qualsiasi momento senza pregiudicare la liceità del trattamento basata sul consenso prestato prima della revoca; il diritto di proporre reclamo a un’autorità di controllo; se l’interessato ha l’obbligo di fornire i dati personali nonché le possibili conseguenze della mancata comunicazione di tali dati; l’ eventuale esistenza di un processo decisionale automatizzato, compresa la profilazione, e le informazioni significative sulla logica utilizzata, nonché l’importanza e le conseguenze previste di tale trattamento per l’interessato.
4. Per quanto concerne le persone che non siano in grado di esprimere validamente il consenso, questo deve essere dato da chi ne ha la responsabilità genitoriale o la tutela legale. Nel caso dei minori, il consenso è espresso da entrambi i genitori.
5. Nei casi in cui sia stato chiesto il riferimento di una persona da informare qualora durante la ricerca dovessero emergere informazioni impreviste di possibile rilevanza clinica, sarà necessario raccogliere da questa il consenso al trattamento dei suoi dati personali, per le finalità indicate.
Regole deontologiche per trattamenti a fini statistici o di ricerca scientifica
Secondo le “Regole deontologiche per trattamenti a fini statistici o di ricerca scientifica” [4], una ricerca è effettuata sulla base di un progetto redatto conformemente agli standard metodologici del pertinente settore disciplinare.
Tale progetto: a) specifica le misure da adottare nel trattamento di dati personali, al fine di garantire il rispetto delle “Regole deontologiche per trattamenti a fini statistici o di ricerca scientifica” pubblicate ai sensi dell’art. 20, comma 4, del d.lgs. 10 agosto 2018, n. 101 [13], nonché della normativa in materia di protezione dei dati personali; b) individua gli eventuali responsabili del trattamento; c) contiene una dichiarazione di impegno a conformarsi alle sopra citate Regole deontologiche. Un’analoga dichiarazione è sottoscritta anche dai soggetti –ricercatori/trici, responsabili e persone autorizzate al trattamento– che fossero coinvolti/e nel prosieguo della ricerca, e conservata conformemente a quanto previsto dall’art. 3 co. 3 delle sopra citate Regole deontologiche [13].
Il/la responsabile della ricerca deposita il progetto presso l’Università o ente di ricerca o società scientifica cui afferisce, la quale ne cura la conservazione, in forma riservata (essendo la consultazione del progetto possibile ai soli fini dell’applicazione della normativa in materia di dati personali), per cinque anni dalla conclusione programmata della ricerca.
[1] L’ultima versione è quella di Fortaleza, Brasile, del 28 ottobre 2013.
[2] Si vedano Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati (Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati – RGPD, General Data Protection Regulation – GDPR) e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati) e D.Lgs. n. 196/ del 30.06.2003 e succ. mod. e int. – “Codice in materia di protezione dei dati personali” (cd. Codice della privacy)
[3] Dati particolari ai sensi dell’art. 9 Regolamento UE 2016/679
[5] Si vedano Carta Europea dei Ricercatori e Codice di Condotta per l’Assunzione dei Ricercatori
[6] La normativa di riferimento è rappresentata dal Decreto Legislativo n. 26 del 14/03/2014 di attuazione della Direttiva 2010/63/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 22 settembre 2010 sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici.
[7] Per un approfondimento su questo punto si rimanda alle Linee Guida su “etica della professione e comunicazione nei mass media con particolare riferimento all’ambito della cronaca” elaborate dall’Ordine degli Psicologi del Lazio
[8] Si veda Ethical Practices of Journal Editors: Voluntary Code of Conduct.
[9] La normativa comprende le linee guida di riferimento per l’istituzione e il funzionamento dei comitati etici dettate dal decreto ministeriale del 18 marzo 1998, il D.M. 194/2006 – Requisiti minimi per l’istituzione, l’organizzazione e il funzionamento dei Comitati etici per le sperimentazioni cliniche dei medicinali, e dal D.M. 96/2013 – Criteri per la composizione e il funzionamento dei comitati etici.
[10] www.aipass.org
[11] Lo Statuto dell’Associazione Italiana di Psicologia è stato approvato dall’assemblea generale ordinaria del 25 marzo 2011, con successive modifiche approvate nell’assemblea generale ordinaria del 19 marzo 2019.
[12] Regolamento AIP (Approvato nell’Assemblea Generale dei Soci AIP del 1° giugno 2021).
Il Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati (General Data Protection Regulation, GDPR, EU 2016/679), uniformando le diverse normative in materia di protezione dei dati, garantisce a tutti i residenti nell’Unione Europea la protezione dei propri dati personali e la tutela della propria riservatezza.
Data l’importanza e la complessità del documento, la Commissione Etica AIP ha elaborato dei quesiti con le relative risposte (FAQ) con l’obiettivo di supportare le associate e gli associati nella comprensione e applicazione del GDPR nelle proprie ricerche.
L’elaborazione delle FAQ ha richiesto un processo caratterizzato da tre fasi distinte. Nella prima fase le FAQ sono state elaborate grazie ad una consulenza giuridica[1]. Nella seconda fase una versione preliminare delle FAQ è stata inviata a tutte le associate e gli associati con la richiesta di fornire un riscontro attraverso la compilazione di un questionario anonimo in relazione alla chiarezza e all’utilità delle FAQ e aggiungendo possibili commenti. In totale hanno risposto 20 socie e soci. Nella terza fase le risposte e i commenti ricevuti sono stati integrati dalla Commissione Etica AIP nelle FAQ e discussi con il referente della consulenza giuridica fino alla redazione della versione finale.
[1] La consulenza, finanziata dall’AIP, è stata prestata dall’avv. Cristiano Michela.